(AMATA) SOLITUDINE (ODIATA)
Negli scorsi anni ’70 e ’80 e ’90 e dopo ancora, c’era spazio ovunque per angosciarsi e amarsi, sorridere e animarsi e sopraffarsi. Come ieri, così oggi. Le frasi una volta andava/era meglio, oppure oggi le cose sono complicate, o ancora una volta sì che era tutto più semplice o andava meglio quando andava peggio e via dicendo si sentivano spesso in giro. Niente di così diverso da oggi. Ti buttavi alla bell’e meglio in ricerca di persone da frequentare, feste, serate in discoteca, sulla spiaggia o in montagna, momenti qualunque in cui cercare di colmare quel senso di solitudine interiore, esteriore, transalpina, continentale e intercontinentale. Che cosa facciamo pur di non stare soli, eh!? L’essere umano è un animale sociale, si dice, in cerca perenne dei suoi simili, di compagnia, di amicizia, di due parole, a volte misere parole. Come ieri così oggi. C’è chi la solitudine la anela (poco fa alludevo allo “stare soli”), chi cerca di evitarla a tutti i costi sentendosi struggere al solo pensiero, chi ne vorrebbe un po’ sì e un po’ no di sana solitudine, chi vive nella disperata solitudine, e via dicendo, con infinite, terrificanti, buffe, contraddittorie sfumature. Nei secoli dei secoli amen. Penso alle mamme che trovano un momento di libertà – leggi solitudine – quando ad esempio vanno a letto – preferibilmente da sole – e prima di prendere sonno si dedicano a letture, progettazioni e fantasticherie varie (lasciate perdere maschietti, non mi riferisco al sesso, le donne, seddiovuole, pensano anche ad altro). Parlando di ricerca di solitudine, sono sicuro che le donne abbiano più difficoltà ad acciuffarla rispetto agli uomini, i quali – per la maggioranza – si accontentano, più precisamente non sanno neppure di accontentarsi, e vivono nel bozzolo della vita quasi fossero rimasti incastrati in quel limbo post-puberale che dà loro la tranquillità illusoria di appartenere al solo sesso maschile. Non divagare, rimani nel tema! La solitudine è una creatura particolare, circonflessa, schietta come una sassata: a metà strada tra una badante e un coach, tra un arco e un fucile a canne mozze, un buco nella terra o nell’acqua, e può manifestarsi sotto forma del tutto misteriosa, magica a oltranza; ha la strana capacità di guarire o di uccidere, di salvarci o di trascinarci tra i flutti, di accarezzarci perfino e talvolta, mai di illuderci. La solitudine non è propriamente isolamento o forse non è solo isolamento oppure è la somma di tutti e due, e ciò che facciamo giornalmente per non sentirci isolati parla chiaro, è schietto come nebbia, e chi non lo vede è affetto da cheratocono mentale. Quante sono le persone che vivono nella terrificante foresta della solitudine e dell’isolamento? Isolitudine, che non è da confondere con insularità. E’ contagiosa, abbondantemente subdola, doppia, trina, si nutre di chiacchiere e si rafforza attraverso certa convivialità di social, programmi televisivi e altre simili e disparate inciviltà. Come ieri, così oggi. Quando c’era la pandemia della Covid-19 si sentiva spesso parlare di solitudine, di isolamenti, di depressioni, di morte a distanza. Al di là di tanto proliferare di dolore, ciò che avrebbe dovuto farci riflettere sarebbe stato buttare una nuova occhiata a tutti noi, totalmente incapaci di sganciarci dalla condizione schiavista del nostro io: la visione sulla solitudine è rimasta, come prima e dopo allora, un punto da cui allontanarci, non da cui partire. E allora amata, odiata, ricercata, evitata, disprezzata, cancerogena, illuminante solitudine, vieni! Fai di me ciò che vuoi: mi lascio cadere tra le tue braccia. Come ieri così oggi, nei secoli dei secoli, amen.
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Carissimo Maestro cosa posso dirti? Semplicemente che leggerti ogni volta è una rivelazione della vastità della tua cultura , intelligenza, perspicacia e sensibilità umano/poetica. Grazie sempre.
Sei illuminante. Mia piccina considerazione personale: la solitudine e la ricerca ed accettazione di essa per me sono una serena conquista.
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