Indirizzare i nostri sforzi verso mete che siano in sintonia con il nostro mondo poetico interiore ci porta a scoprire e ad accogliere quella parte di noi che conosce il significato profondo di “armonia” e che, paradossalmente o comicamente o tragicamente, rimane pressoché sconosciuta alla maggior parte di noi. Questo significa, secondo la mia esperienza, mettersi in viaggio.
Un viaggio di questo tipo ci spaventa, perché “essere in armonia” significa imparare a disporre in modo corretto, sul terreno della nostra vita, ciò che consideriamo bene e male, cattivo e buono, positivo e negativo.
Nessuno ci spiega che il viaggio della vita consiste nell’imparare a muoverci nella nostra esistenza come in un enorme spazio in cui da ogni cosa che accade si liberano e si mescolano tutte le sfaccettature del bene e del male, del brutto e del bello e via dicendo. Il viaggio si restringe e diventa turistico quando ci indaffariamo per separare l’uno dall’altro, partendo dal presupposto che, “insomma, tanto la vita va goduta, il resto non conta”, che il bene non deve entrare in contatto con il male e viceversa.
La nostra società è impegnata in un combattimento millenario tra miliardi e miliardi di ego. Le modalità dell’ego, essendo relegate allo stato di coscienza infantile, si concentrano unicamente sui due aspetti “attaccare-difendere”. L’ego non accetta la perdita e persegue la vittoria-affermazione. Di fronte all’età che avanza, l’ego si ritrae e si spaventa; di fronte a un affronto si rivolta contro; di fronte a una perdita si ritrae e inorridisce oppure si scaglia e attacca; di fronte ad una scortesia se la lega al dito; di fronte alla diversità si spaventa e si ritrae oppure attacca. L’ego sembra pronto a fare l’eroe, ma, al contrario dell’eroe, non accetterebbe mai di morire a se stesso. Non conosce l’armonia, perché la sua capacità di disporre si limita a faccende circoscritte alla valorizzazione del proprio giardino: dispone in base a ciò che conosce e, detta in due parole, conosce poco. (…)
L’ego non ce la fa proprio a mettersi nei panni dell’altro, necessita della parte poetica per poter scomparire a se stesso, entrare nell’ombra. L’ego dovrebbe entrare in ombra per potersi rifocillare dall’arsura creata dal suo prolungato periodo di luce e di moto perpetuo, proprio perché l’ego parla, si muove, e risponde senza costruire pause. Questa visione chiarisce, forse, quanto siamo “disabilitati” al raggiungimento della completezza, della sfericità del nostro cervello, del nostro essere, quanto usiamo noi stessi a metà, proprio perché ci affidiamo troppo o solo alla parte egoica.
BUON VIAGGIO!
Vi aspetto per le mie Dirette FB in questo periodo di emergenza, aperte a tutti, e per gli incontri individuali su SKYPE, per chi vuole approfondire e/o iniziare il “Viaggio di Strategia Poetica”.
L’articolo che avete letto è estratto dal mio libro di Strategia Poetica al quale sto lavorando e che sarà pubblicato entro fine 2020-primi 2021.